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di Lucilla Rogai

Il punto nevralgico del Piano Calenda sui rifiuti è la parte riguardante il trattamento dell’indifferenziato. Cioè di quella parte di rifiuti che, anche con le più meticolose politiche di raccolta differenziata e siamo molto lontani, rimane come scarto non riciclabile in nessuna forma. Ed è forse invece la parte più preziosa in termini di valore economico. Ci sarebbero varie soluzioni tecnologiche sempre più avanzate e innovative su questo tema, ma l’attuale amministrazione capitolina non ha trovato di meglio in 5 anni che caricare la monnezza sui camion e spedirla altrove, con il risultato di indebitare i romani senza trarne alcun vantaggio.

Bene, l’assunto di partenza del piano Calenda è che non c’è città pulita senza impianti, in totale controtendenza con le “frottole pseudo scientifiche” che vedono negli impianti di trasformazione dei rifiuti, fonti di danni all’ambiente e alla salute. Lasciamo perdere il  pluricitato termovalorizzatore di Copenhagen riconosciuto come uno dei migliori impianti in Europa in termini di efficienza energetica, capacità di trattamento dei rifiuti e attenzione per l’ambiente. Anche Brescia si difende benissimo, con l’impianto A2A che lavora fino a 500.000 tonnellate di spazzatura al giorno, trasformandole in energia e calore ed eletto dalla Columbia University di New York, il “miglior impianto del mondo”.

Torniamo a Roma. Sul sito dell’Ama si legge che la città di Roma produce quotidianamente circa 4.600 tonnellate di rifiuti (sito AMA dati da consuntivo 2016, aggiornatissimo). Di queste, 2.000 tonnellate sono costituite da materiali raccolti in modo differenziato e avviati a recupero, mentre le restanti 2.600 tonnellate sono invece rifiuti indifferenziati.

Lasciamo perdere le 2000 tonnellate, diamole per riciclate e concentriamoci sulle 2600. Come vengono trattate? Il sito web di AMA è estremamente impreciso. Diciamo che c’è un TMB a Rocca Cencia in grado di lavorare fino a 700 tonnellate di rifiuti al giorno, ma non è scritto da nessuna parte che arrivi a tale quota, e un tritovagliatore mobile sito in Via dei Romagnoli, stop.  Con queste dimensioni non andiamo da nessuna parte.

La necessità e il vantaggio di uno o più impianti di waste-to-energy a Roma è evidente, anzi urgente, ma…

Prima obiezione: dove farli? Nessuno li vuole vicino casa. Ed è molto difficile ricostruire lo sfilacciato rapporto di fiducia con i cittadini. Molto difficile, ma non impossibile. E’ chiaro che devi avviare un dialogo sulla compatibilità dell’impianto con la salute e la sicurezza, ma è altrettanto chiaro che ci vogliono degli incentivi, il cittadino deve trovare più conveniente averli che non averli. Come? Ad esempio non facendo pagare la bolletta gas e/o luce a chi abita o a chi esercita un’attività nell’area interessata, per un periodo congruo, a risarcimento del disagio. Credo che la proposta verrebbe presa in considerazione sia dai cittadini sia dagli operatori economici della zona, attrattiva anche in termini di investimenti.

Seconda obiezione: Siamo sicuri che la tecnologia non offra soluzioni ancora più innovative di quelle fin qui prese in considerazione? Questo è un mondo che corre e quello che oggi è avanguardia domani è già vecchio. La start up Grycle, ad esempio, propone una macchina in grado di processare i rifiuti indifferenziati trasformandoli in granuli di materia prima, separati automaticamente e pronti al riutilizzo. La macchina è dotata di un modulo di intelligenza artificiale che le consente di imparare progressivamente a riconoscere nuovi materiali, eliminando l’esigenza di eseguire la raccolta differenziata manualmente.  Una svolta epocale.

Ultima osservazione.  Calenda propone di incorporare Ama, che ha dato ampia prova di inefficienza, in Acea per creare una grande multiutility. Non entro nel tema della governance, ma visto che parliamo di trasformazione  dei rifiuti in energia, cioè di impianti e di intelligenza artificiale per rendere la nostra città più pulita, ecocompatibile ed efficiente, non sarebbe meglio allearsi con i giganti del settore tipo Eni, EnelX, Snam o chiunque nel mondo abbia una consolidata esperienza nel settore energetico? Io come cittadina romana mi sentirei molto più sicura.

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