La vision di Gabrielli sul futuro dei Municipi e della Città Metropolitana

Il prefetto, nel corso di un suo intervento all’evento di Unindustria, ha detto che «da parte dei cittadini i municipi vengono avvertiti come un bluff».

Rispunta la questione dei Municipi di Roma che non sono stati sciolti nemmeno con le dimissioni della Giunta Marino, decisione la cui utilità pratica è ancora tutta da verificare. A risollevare la questione è stato il prefetto Franco Gabrielli nel corso di un suo intervento all’evento di Unindustria sulla città metropolitana. Il prefetto, con evidente sensibilità per il senso comune diffuso, ha detto chiaramente che «da parte dei cittadini i municipi vengono avvertiti come un bluff, perché nutrono un’aspettativa di risoluzione dei problemi, ma nel 99% dei casi questa funzione di front office da loro svolta non è in grado di fornire soluzioni immediate». Che è il limite di un decentramento politico/ideologico senza risorse finanziarie e senza poteri. Gabrielli ricorda i suoi 42 incontri con municipi e comitati all’esordio del suo incarico prefettizio, sono stati incontri davvero “formativi” tanto che qualcuno ha pensato «che fossero i prodromi di una mia candidatura a sindaco, ma ho cercato di spiegare in tutte le salse che non è la mia aspirazione». Quindi secondo il prefetto, i municipi devono avere un ruolo da comune mentre i comuni piccoli della provincia debbono diventare unioni di comuni. Su questa linea gli enti, come la Regione e la Città metropolitana debbono diventare enti «che fanno raccordo e indirizzo ma non la gestione: facendo policy nel senso più alto del termine». Se i municipi devono diventare il luogo di risoluzione dei problemi dei cittadini debbono anche essere messi in grado di gestire i loro problemi. Occorre mantenerne l’identità – ha proseguito Gabrielli – ma unirli, con una dimensione massima di territorio da 200-250mila persone, che può essere la quantità che consente di avere una omogeneizzazione dei territori». A questo punto ha indicato una immagine di quella che potrebbe essere il ripensamento territoriale dei municipi con una «rideterminazione dei confini a raggiera, dal centro verso l’esterno, perché è chiaro – cita l’esempio – che se nel I municipio c’è un rapporto tra forze dell’ordine e cittadini di 1 ogni 119 abitanti, mentre negli altri è di 1 ogni 2300, questo modello di riorganizzazione potrebbe essere più coerente e utile». Nella sostanza, Gabrielli prefigura una sorta di Washington District of Columbia in salsa capitolina e immagina una Roma DC non come un Comune ma un governatorato, con dei poteri che esulano da quelli attualmente attribuiti alla Capitale. Una ”city” vasta che vive di problemi, criticità e complessità «morfologiche, storiche e sociali che non ha eguali nel mondo. Con tre ambasciate (Repubblica, Santa sede e Fao), una patrimonio artistico, culturale e storico, dove ci sono conflitti allucinanti tra sovrintendenze comunali e statali per i quali bisogna fare accordi come tra stati esteri». Poi ha concluso: «Questa Capitale è anche la mia, che sono di Massa Carrara e ho l’aspettativa che sia una cosa che vada al di là de patrimonio dei romani per appartenere all’umanità». Per superare una visione localistica occorrono allora «strumenti che non sono tra gli strumenti ordinari». Una vision che supera il ruolo del sindaco ma prevede un governatore di Roma District of Italy.

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