Cinema e teatri sono in crisi bisogna esentarli dalle tasse

La delibera firmata da Michela Di Biase, presidente della commissione Cultura in Campidoglio: aiutiamo il settore non facendo pagare Tari, Tasi e Imu.

La proposta di delibera è breve, chiara e radicale: «Inserire nel regolamento di imposta unica comunale (Iuc) un comma che stabilisca l’esenzione dall’imposta municipale per le sale cinematografiche e di teatro». Cioè, cinema e teatri a tasse zero, niente Tasi niente Tari niente Imu, una boccata d’ossigeno per un comparto, lo spettacolo in tutte le sue forme, che negli ultimi tre anni e solo a Roma ha fatto i conti con una diminuzione dell’occupazione del 26 per cento. Teatro Valle, Cinema America, Troisi, Admiral, il Gregory, l’ultimo a chiudere è stato il Nuovo Cinema Aquila al Pigneto. Ci sono anche altri numeri, ugualmente negativi, che fotografano l’attualità da troppo tempo, come il fatto che – dati Confcommercio – il 54% delle imprese culturali abbia registrato un peggioramento dell’andamento economico mentre le tasse, quella sull’immondizia per esempio, siano considerate «insostenibili» nell’84% dei casi.
Imposte troppo alte, come si scrive anche in questa proposta di delibera – firmata dalla presidente della commissione Cultura Michela Di Biase (Pd) – che dopo il parere di congruità economica passerà al vaglio dell’assemblea capitolina: «I dati riportano una situazione di crisi motivata anche dal peso impattante dei contributi richiesti dall’amministrazione comunale». «L’idea è chiara – spiega la consigliera – considerando che siamo in un momento delicato sul piano economico, ma che la cultura a Roma non può che continuare a rappresentare un volano fondamentale anche di contrasto al degrado e alla desertificazione urbana perché chiudere un cinema in periferia non è un danno solo per gli operatori del settore ma anche per il quartiere, dobbiamo andare oltre la logica del contributo pubblico facendo comunque la nostra parte, cioè esentando chi produce cultura dal pagamento delle tasse».
Altro tema dolente, quello dei contributi pubblici, per i paragoni impietosi con altre città italiane – 2,7 milioni al Teatro di Roma contro i 4,3 stanziati dal Comune di Milano per Il Piccolo o i 4 che Torino dà al suo Stabile – e più in generale con gli anni passati: sempre il Teatro di Roma ha rilanciato il cartellone con 1 milione di euro in meno nel 2014. Grandi e piccoli, tutti colpiti dalla mancanza di risorse, che è anche il motivo per cui la proposta di delibera che sarà discussa in commissione Bilancio, dove si approfondirà anche il tema delle coperture, non fa alcuna distinzione «numerica», legata ai bilanci o alle dimensioni delle sale: «Esenzioni per tutti, indistintamente – continua la Di Biase -, è tutto in scala, anche il Teatro di Roma che propone una programmazione di grande pregio ottenendo risultati soffre il momento storico. In due anni di incontri con gli operatori tutti hanno insistito su queste spese che sono anche anomalie, per esempio la tassa sulla nettezza urbana calcolata sui metri quadrati pur non producendo immondizia, se come Comune non possiamo sovvenzionarli almeno esentiamoli da queste tasse».

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