Come ormai noto, lo scorso 9 maggio l’Assemblea Capitolina ha ritenuto d’interesse pubblico che la A.S. Roma possa costruire a Pietralata un nuovo stadio per il calcio. Questa approvazione arriva esattamente sette mesi dopo il 3 ottobre dello scorso anno, giorno in cui la società aveva presentato la propria proposta. Nel frattempo, anche la stessa legge sugli stadi, pensando di accelerare le procedure, aveva ridotto il tempo a disposizione dei comuni per esprimersi da tre a due mesi. Ma non è la durata totale del procedimento ad essere motivo di riflessione, ampiamente giustificata dalla dimensione dell’opera, quanto di come sia stato effettivamente impegnato questo arco temporale.
Ripercorriamo i passaggi. Il 3 ottobre l’ A.S. Roma presenta lo Studio di fattibilità su cui l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto esprimersi entro i tre mesi indicati dalla legge. Gli uffici, questa volta realmente solerti, convocano la Conferenza di servizi per la settimana successiva il 12 ottobre. La Conferenza si chiude anche rapidamente, nell’arco dei tre mesi canonici, il 17 gennaio. Il successivo 7 febbraio la Giunta può fare propria la Proposta di delibera da inviare all’approvazione dell’Assemblea Capitolina. Quest’ultima, per esaminare il provvedimento si prende altri tre mesi fino al 9 maggio scorso.
Quindi, in appena quattro mesi si conclude il percorso tecnico e amministrativo che partendo dall’istruttoria della proposta arriva al testo della delibera. Poi sono necessari altri tre mesi di analisi politica sulla Proposta di delibera per arrivare alla decisione finale. Infatti, una volta licenziata dalla Giunta la Proposta di delibera per approdare in assemblea richiede altri due passaggi in organi politici: il parere del Municipio e il voto in Commissione Assembleare Urbanistica. Il Municipio si esprimerà abbastanza tempestivamente il 7 marzo, mentre per il nulla osta della Commissione arriverà dopo circa due mesi e mezzo in coincidenza del Natale di Roma (21 aprile). Poi, complici anche i ponti del 25 aprile e del 1° maggio la delibera finisce per essere approvata dall’Aula Giulio Cesare il 9 maggio scorso. Riepilogando dunque, quattro mesi di lavoro tecnico in cui si costruisce l’atto e la relativa decisione a cui fanno seguito tre mesi di esame da parte degli organi politici. Legittimo dunque chiedersi che cosa significa tutto questo tempo necessario alla politica per esprimersi.
Il primo significato è un segnale di ruolo. Non si pensi di prescindere dalla politica. Quindi qualcosa si è incagliato nel percorso di reciproca fiducia fra uffici-assessore-giunta-maggioranza che dovrebbe assicurare procedure ben più scorrevoli. Gli uffici elaborano tecnicamente proposte che sono condivise dall’Assessore e quindi rispettano gli obiettivi di mandato dell’amministrazione. La Giunta, facendo proprie tali proposte dovrebbe virtualmente confortare i propri consiglieri di maggioranza per ottenere una rapida approvazione. Evidentemente questo percorso virtuoso si è inceppato producendo inefficienze che finiscono per rendere sempre più complesso intervenire nella nostra città.
Quello dell’inefficienza generalizzata è il secondo segnale. Le decisioni si disperdono in mille rivoli con interventi di ogni tipo, modo e misura. Si produce uno sfarinamento dell’amministrazione che deborda nell’onnipotenza delle decisioni politiche. I tempi e i costi diventano variabili indipendenti e non dati di fatto oggettivi del problema. Non a caso la città è costellata di progetti interrotti sia per esaurimento dei fondi e sia per esaurimento dell’interesse che aveva a suo tempo dato impulso a quel progetto.
In conclusione un contesto decisorio vischioso in cui neppure le maggioranze democraticamente elette riescono a dare prova di efficenza. Una viscosità in cui è sempre più difficile muoversi e che scherma l’attrazione verso la nostra città.
